Questa micopatia che colpisce esclusivamente i pelargoni è presente in tutto l’areale italiano.
I sintomi compaiono inizialmente nella pagina inferiore della foglia con piccole macchie (0,5 mm) che si rendono visibili dopo due giorni anche in quella superiore.
Con il proseguire del tempo, le macchie si allargano (6-8 mm) e giunte a maturità in corrispondenze di esse, liberano per rottura dell’epidermide una polvere color rosso-brunastro scuro costituita dalle uredospore incaricate a diffondere la malattia.
Le uredospore rimangono vitali sulle foglie cadute anche per tre mesi, e sono in grado di germinare a temperature comprese tra 7° e 27°C, con un optimum tra 11° e 23°C.
Avvenuta l’infezione, che richiede la presenza di un velo d’acqua per almeno 8 ore, il periodo di incubazione varia a seconda della temperatura (11 -14 giorni a 17°C e oltre 22 giorni a 11°C)
Le uredospore perpetuano le infezioni tramite il vento e gli schizzi d’acqua. L’uomo con le varie pratiche colturali o gli insetti contribuiscono alla diffusione del patogeno.
Le foglie infatti ingialliscono e lentamente disseccano.
Il patogeno si conserva sotto forma di teleutospore e come micelio nei tessuti colpiti.
La lotta contro questa ruggine è, sia di tipo agronomico che chimico.
Nell’ambito della lotta agronomica, in coltura protetta, si devono seguire alcune pratiche:
1) Adottare cultivar resistenti.
2) Arieggiamento tramite diradamento delle piante.
3) Eliminazione delle foglie infette.
4) Adottare rotazioni appropriate in caso di colture intensive.
5) Disinfezione degli attrezzi usati per il taleaggio.
La lotta chimica consiste nell’uso di prodotti fungicidi endoterapici come Triforine o Ossicarbossina oppure Bitertanolo, Triadimenol, Exaconazolo ecc.
Un tipo di lotta efficace che applico personalmente in diversi modi è la termoterapia, che consiste di portare la pianta infetta a temperature critiche per il patogeno con lo scopo di devitalizzarlo.
Considerando che il patogeno della ruggine non sopporta temperature elevate, metteremo la pianta infetta o le eventuali talee, in un ambiente a 37°-38°C con umidità atmosferica molto satura di umidità per 48 ore.
Un altro metodo è immergere la pianta per 90 secondi in acqua calda alla temperatura di 50°-52°C.
Ho sperimentato, e devo dire con un certo successo su aceri e piante da frutto, la fiamma di un cannello passato ad una certa distanza sulle piante, quando sono completamente spoglie, e sulla terra; facendo ciò si distruggono diversi patogeni; si tratta però di una pratica da eseguire con estrema cautela.